“Voi… quanto ci mettete ad andare in aereo da Venezia a Vienna? Poco più di un’ora… mica tre ore e mezzo come ci ho messo io (anche se poi vi fanno aspettare due ore in aeroporto per i controlli, così siamo pari)… Quanto dobbiamo sembrarvi strani e temerari, noi, aviatori del 1918, che volavamo su quegli aeroplani di legno e tela, con motori rudimentali, sempre sul punto di guastarsi o di surriscaldarsi, senza navigatore… Anzi, no, il navigatore ero io, però non avevo mica “google map” da consultare, ma una cartina geografica come quella che potreste strappare dall’atlante di vostro figlio…”

 

Così, dialogando in tono un po’ scanzonato con il pubblico, comincia la visita animata “Il sogno del Vate” che Alessandra Brocadello e Carlo Bertinelli hanno tratto dallo spettacolo messo in scena a San Pelagio il 9 agosto 2018, data esatta del centenario del celebre raid. A condurre il pubblico nelle sale del Museo del volo e dello spazio (particolarmente suggestive la Sala delle Mongolfiere e la sala dell’ultimo “briefing” tra gli undici protagonisti dell’impresa) sono due fantasmi: quello del Vate, ovviamente, e quello di Olga Brunner Levi, la “Venturina”, musicista triestina che visse con il poeta a Venezia un’intensa relazione sentimentale negli anni della guerra.

La visita coglie anche l’occasione dell’esposizione temporanea a San Pelagio del letto di d’Annunzio, che faceva parte dell’arredo della Casetta rossa veneziana, per rievocare la creazione del Notturno, l’opera che il poeta iniziò scrivendo al buio su striscioline di carta che la figlia Renata tentava poi di decifrare e trascrivere. Un’opera strettamente legata alle imprese aviatorie del letterato guerriero poiché evoca i piloti caduti che gli erano stati accanto, a cominciare dal tenente di vascello Giuseppe Miraglia, che portò d’Annunzio a sorvolare Trieste, dove lanciò messaggi di incoraggiamento e speranza.