Durante la Prima Guerra Mondiale Padova svolse un ruolo fondamentale quale centro medico, in particolare nell’assistenza sanitaria prestata ai soldati e nella didattica medica, motivo per cui è stata recentemente proposta per la Medaglia d’oro al merito della sanità pubblica. Con questo progetto il Museo intende non soltanto raccontare una storia che ha toccato l’intera città e migliaia di studenti provenienti da tutt’Italia, ma anche porre al centro dell’attenzione il ruolo imprescindibile della Medicina nel primo conflitto mondiale e parallelamente il progresso che questa disciplina conobbe in un momento tragico della storia italiana.
L’esposizione, in perfetta linea con la natura del MUSME a metà tra storia e tecnologia, propone una ricostruzione del percorso dei feriti al fronte, dai primi punti di assistenza fino agli ospedali territoriali, attraverso un’enorme mappa della cosiddetta “catena di soccorso”, exhibit interattivi, tavoli touch che descrivono i luoghi padovani adibiti a ospedali, video, foto e documenti d’epoca, reperti storici, tra cui alcuni presidii medici del periodo, alcuni giochi (quali strumenti erano presenti nella dotazione del medico al fronte?) e una pinacoteca virtuale con foto d’epoca di alcuni ospedali militari.
Padova – definita “Capitale al Fronte” per il ruolo svolto nella Prima Guerra Mondiale – deve essere ricordata anche per la funzione eccezionale che ebbe nell’assistenza sanitaria prestata ai soldati e nella didattica medica impartita agli aspiranti medici militari.
Le nuove caratteristiche distintive del primo conflitto mondiale – che si connotò, tra l’altro, per il largo impiego di armi moderne e devastanti e la trasformazione da guerra di movimento a guerra di trincea – imposero problemi di difficilissima soluzione, anche da un punto di vista medico.
Già nell’estate del 1916, l’elevatissimo numero di uomini feriti, ai quali si aggiungevano quelli malati, rese necessario un numero sempre maggiore di medici al fronte.
Al fine di reclutare nuovi medici, il Comando della Terza Armata realizzò un interessante esperimento di corsi accelerati a San Giorgio di Nogaro (UD), noto come “Università Castrense”. Tuttavia, le lauree potevano essere concesse solo da un’Università: per questo motivo gli studenti vennero iscritti presso l’Ateneo patavino.